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Puneide

Per la serie: “se me lo raccontassero non ci crederei” va ora in onda l’epopea del vostro eroe in terra indiana.

Ennesimo trasloco indiano: bene. Oramai c’ho fatto l’abitudine tanto che ho la mia tabella di marcia: la mattina sveglia alle 9.30, colazione leggendo le news su internet, ore 9.45 inizio a fare lo zaino con i vestiti e cosi’ via, tutto programmato seguendo una scaletta non scritta maturata con l’esperienza.

Verso le 12 mi raggiunge la cara amica Rainbow che –buon’anima– mi da’ sempre una mano a traslocare. Le valige ormai son pronte, suono al brillante Assang e gli rendo la chiave di casa.

Scendo in strada e contratto con un rikshaw per fare il trasloco. Me la svigno con 20 rupie, di solito ne chiedono almeno 30.

Mi sento fortunato, ma sara’ solo momentaneo. A questo punto chiamo la gioviale Ratika,  che mi affittera’ la nuova stanza, e le dico che sto per arrivare. Tutto ok.

Il rikshaw si parcheggia sotto il palazzo di casa, assieme a Rainbow portiamo giu’ le valige, il portatile, lo zaino e tutta la mia mercanzia che pare una carovana piu’ che un trasloco. Si parte alla volta di Rahul Society, a cinque minuti di distanza.

Arriviamo li’, sotto c’e’ gia’ Ratika che mi aspetta e mentre scarichiamo i bagagli arriva in bicicletta una signora indiana sulla sessantina. Nella concitazione del momento Rainbow mi dice che quella e’ una signora delle pulizie che lei aveva assunto anni fa e che -ahime’ – ha il brutto vizio di rubare nelle case in cui lavora.

Purtroppo se ne sentono in giro di storie di questo tipo e io personalmente divido le signore delle pulizie fra stealing e no-stealing (che rubano e che non rubano).

Devo dire che l’idea di dover andare a vivere in una nuova casa ed avere gia’ compresa nel prezzo la paranoia di dover chiudere sempre a chiave le mie cose non mi allettava piu’ di tanto e cosi’, una volta arrivati in casa e dopo aver portato dentro tutte le cose, ci sediamo al tavolo io e Ratika e le chiedo gentilmente se si puo’ avere un’altra donna delle pulizie.

Lei cambia repentinamente espressione e mi dice

– No! Se non ti piace cosi’ non prendere la stanza, qui non ti voglio!

E io, un po’ sorpreso dalla sua reazione e dal dover affrontare questi indiani ormonali cosi’ spesso, ribatto

– Bhe, io ho solo chiesto, per me la stanza la posso prendere ugualmente…

Ma lei

– No, no. Ecco qui le tue mille rupie… via, qui non ti voglio.

E io, sempre piu’ incredulo, cerco di riportarla ad un dialogo ma non c’e’ niente da fare.

Mi dice che se mi porto appresso gente pazza, indicando Rainbow, non e’ colpa sua.

Le dico che secondo me la pazza e’ lei.

Prendo i soldi, li conto, sono 900 rupie. Glielo faccio notare e senza sorprendersi mi da’ altre cento rupie.

Riprendo le mie cose e nel frattempo il teatro continua: la signora delle pulizie e’ salita in casa e starnazza prima in hindi con Ratika, poi con me in inglese facendomi segno e dicendomi

– Sono dieci anni che lavoro qui, dieci!

E io

I don’t care (Non m’importa)

Che valore ha quell’affermazione? Uno puo’ essere un ladro per tutta la vita, se vuole. E di esempi ne abbiamo…

Alla fine Rainbow si e’ offerta di ospitarmi per un po’, cosi’ eccomi qui, in casa sua, accampato come un africano nel suo soggiorno a scrivervi della mia trafelata giornata.

Che giornatina… ma per fortuna si e’ conclusa bene.

Nella foto: il mio prossimo libro.

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